Luciano GHERSI IperTessitore opere scelte
PACCOTTIGLIA SINGALESE

"E' un atto ufficiale di adozione,
che vuol offrire un nome (spero) rispettabile
a questi figli naturali di un anonimo (ma artistico) concepimento."
L. Ghersi, 1992

Un esemplare di Paccottiglia Singalese, inserito da Daniel Spoerri nella sua Chambre N° 13, approda nel 1997 al Guggenheim Museum di NY.

Weligama 23 02 92
con l'antica Olivetti di un Bonzo
e senza bianchetto.

In Sri Lanka sono ancora ben visibili le tracce dei primi passi dell'umanità. Sulla vetta del Picco di Adamo giungono pellegrini di ogni religione per venerare le impronte del nostro comune antenato impresse nella roccia . Ma per quanto sia universalmente diffusa l'identificazione con l'Eden di questa isola benedetta, ben pochi suoi aspetti hanno a che fare con una natura originaria. Infatti tutte le sue piante più caratteristiche hanno un ben documentato certificato di immigrazione: il tè con gli Inglesi, l'albero del pane con gli Olandesi. Persino l'indispensabile e polivalente noce di cocco è arrivata fin qui galleggiando dall'oceano Pacifico. Gli alberi sacri al buddhismo furono trapiantati dall'India: talee di quel "Ficus Religiosa" sotto il quale l'inquieto Siddharta realizzo finalmente che non c'è nulla da raggiungere. Per arrivare ad oggi, che bambini seminudi e scalzi, con tre legnetti e un fagotto di palla, giocano a cricket. E studiano, quando studiano, in scuole Montessori, la quale a suo tempo, si trovò pure lei ad approdare in Sri Lanka.
E' rimasta memoria di una casta di tessitori che svolgevano contestualmente la funzione di astrologi (contando già allora nove pianeti) nonché di musici e danzatori sacri. Ma visitando oggi i centri di tessitura mi sono sempre incontrato con la celebre "navetta volante" di John Kay. Quando poi chiedevo i nomi dei vari strumenti mi rispondevano sempre con un termine approssimativamente inglese. Anche se le tessitrici (oggi femmine) si esprimono soltanto in stretto Singalese.
Sicché mi sono vieppiù convinto della mia vecchia idea che "Siamo tutti paguri e la creazione è un mito"[<< 3.4.10]]. Ovvero che
nulla si crea ma tutto si trasforma, si copia, si ricicla. O da cosa, non dal nulla, nasce cosa ". Credo che i singalesi ne fossero ben consapevoli perché quando si trovarono obbligati, in circostanze coloniali, a nominare il Creatore, dovettero ricorrere ad un termine portoghese. L'arte, invece, esiste e consiste appunto nella scelta e nella trasformazione degli ingredienti. Come dimostrano le processioni carnevalesche e insieme religiose: i costumi vengono assemblati con le cianfrusaglie più eteroclite. Tra cui emblemi rituali, arcaici sonagli, il sari buono della mamma, foglie di palma, sacchetti di plastica, maschere lignee, occhiali da sole, porporina. Ammirando l'eleganza innegabile del loro eclettismo, forse si comincia ad intuire come sia sedimentato l'immaginario di questo popolo artista e burlone. E magari, alla maniera degli Illuministi, se questo sia poi diverso da quello nostro[3.4.9].
Sicché non ho avuto molti dubbi intorno alla scelta della mia
paccottiglia. Senza alcuna connotazione spregiativa, al tempo dei velieri si chiamava /paccottiglia/ quel bagaglio appresso che il passeggero aveva il diritto di imbarcare in vista di piccoli commerci. Avevo notato subito dei cuscini (e copriletto) in patch-work che sono l'arredo più umile delle già umilissime case singalesi. Il materiale è estremamente povero e spesso si tenta di ricostruire una pseudo-stoffa con ritagli di sartoria tutti di un unico colore. Altre volte invece è l'arte a scatenarsi in operazioni per me sconvolgenti, dove convivono colori, materiali, frammenti ricamati, figure e scritte. Ogni simmetria è dissolta in un equilibrio che certamente non è classico ma di sicuro è molto più realistico e vitale. Frutto del caso? Ma ogni cosa nell'universo è figlia del caso e della necessità. In questo "caso", della necessità artistica che come si sa, travalica spesso le intenzioni dell'Autore[<< 2.4.4.2].
Così, mentre tutti mi offrivano pregiatissimi batik (tecnica arrivata qui da Giava nel 1900) o squisiti pizzi al tombolo (introdotti nel 1600 dagli Olandesi), io rimestavo le bancarelle più vili, entusiasmandomi per l'incontro di un frammento in poliestere dove è scritto in oro "90 Yard" (misura della pezza) con una mussola traforata di quelle che si portano, a corpetto sul sari. Poi ho dovuto convincere un sarto schizzinoso a fornire tutta la mia collezione di
cerniere lampo (che in Singalese si dice /Zip/). Prima doveva andare dal dottore, poi a un matrimonio, dopo ancora mancava la luce, infine ero praticamente una vecchia conoscenza sicché non ha più potuto tirarsi indietro. Siccome cerco anche di imparare a leggere e scrivere, dove mi è sembrato il "caso", ho impresso i bellissimi caratteri dell'alfabeto singalese. Così si capisce anche (se non l'origine) la provenienza. Infine li ho firmati perché mi sento pienamente responsabile di questa scelta.
E' un atto ufficiale di adozione che vuol offrire un nome (spero) rispettabile a questi figli naturali di un anonimo ma artistico concepimento. Ma per la precisione e per coerenza con i suddetti principi anti-creazionistici, la firma non è "ghersi" ma: "& ghersi". Spero che chi abiterà con queste opere /o operazioni, /o cuscini) vi scopra spesso qualcosa di nuovo, come in ogni opera d'arte che si rispetti[<< 3.3.6], senza però mai dimenticare che, per quanto splendente sia una singola stella, la verità è sempre costellazione.
Tratto da: L'Essere e il Tessere # 09.06.01 (Urtext 92 e 93, Loggia dei Lanzi FI 96)

Un esemplare di Paccottiglia Singalese, inserito da Daniel Spoerri nella sua Chambre N° 13, è approdato nel 1997 al Guggenheim Museum di NY.
Altri esemplari in Con Dominio Web : VILLA Senago - Paola Billi

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