Patrizia Melandri è per me sopratutto una artista
di spaesaggi. Le sue tele
mi mettono in bilico tra i rutilanti orizzonti scandinavi di
Edward Munch e le sagome monocrome delle serigrafie di Andy Warol.
Non solo, le sinuosità geologiche dei suoi spaesaggi mi
turbano come le curve di un indefinibile corpo d'amore (N. Brown).
Inoltre, le sue tele potrebbero spaesare perche' non sono dipinte
a pennello ma cucite con la Singer. La Singer è uno strumento
espressivo pericoloso: essa espone (sopratutto una donna!) a
pregiudizi di casta e di gerarchia tra le Arti. D'altra parte,
fu proprio un pittore maschio ad affermare che "per dirsi
artista, bisogna prima avere il diritto di potersi definire artigiano"(Jean
Lurcat).
Vorrei aggiungere che la Melandri spaesa ancora di più,
per quelle sue performance grottesche (degne di un Rabelais,
inteso da Bachtin), che lei fa in compagnia dei suoi Pupazzi
Pallici. Questi famigerati (e pallici) pupazzi sono più'
che legittimi figli d'arte della sua Singer. Però sono
tridimensionali: non più dunque pittorici ma scultorei.
Mi sembra che il corpo d'amore (sempre N. Brown) dei suoi primogeniti
spaesaggi, acquisiti nei Pupazzi un più palpabile spessore.
Purtroppo Patrizia mi vieta di scriverne... per saggezza (qui
forse) femminile: non troppi spaesaggi tutti insieme! E allora
taccio, per metonimia. Del resto, come insegna il Nizzi: "la
qualita' ha tempi lunghi".....
Luciano Ghersi (1998)
testo da: www2.ronchiato.it/aiap/melandri