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Piedi che aprono
mani che battono / 3
dinamiche corporee: noga/novi, afoke,
vutsiatsia
- 3.1
Ho riassunto fin qui le principali figurazioni e funzioni compositive
dell'afro-telaio (tralasciando le più sofisticate, come
è l'ordito duplice, vedi
nota 2). Con ciò, ho potuto introdurre
alcune azioni del tessitore e inquadrare così le dinamiche
corporee che sono la componente umana dell'arte tessile,
mentre il telaio ne è quella meccanica (...e divina, a
giudizio degli Ewe). Si è anche visto che, pur senza disegnare
sulla carta, il tessitore Ewe elabora progetti creativi. Così
le menti pensano progetti, ma i corpi che li realizzano in azioni
possono essere animati da spiriti, più profondi di qualsiasi
pensiero. Nelle azioni dell'arte, ciò è soltanto
più evidente. Insomma: per poter incontrare lo spirito
che anima dell'afro-telaio, dobbiamo prima metterlo in azione.
3.2
Dedichiamoci all'azione dei licci, che formano due coppie reciprocamente
esclusive: cioè non si tesse combinando noga + novi,
ma soltanto con noga
V/S novi(nelle foto). Questa è sì
una importante differenza rispetto all'euro-telaio, dove tutti
e quattro i licci sono inclusi e sospesi in un unico sistema
di carrucole. Inoltre, al di sotto, nell'euro-telaio, si legano
quattro pedali, il tessitore sceglie quali azionate e apre così
ogni passo di ordito. E' noto l'ulteriore "sviluppo"
dell'euro-telaio che, esorbitando dal suo ambito rustico,
proliferò ulteriori pedali, che costrinsero i piedi ad
azioni sempre più innaturali. Finché tutti questi
passi non si fusero nell'ottusa pedata (zoppa e meccanica), su
quell'unico pedale che aziona la macchina Jacquard. Dopo di che...
il diluvio industriale.
3.3
Torniamo sui passi dell'afro-telaio, che non sono così
"sviluppati". I suoi licci esclusivi eseguono solo
i due passi binari (tela V/S reps), è impossibile tesserci
persino la minima armatura diagonale (una saia da 3). Sarebbe
comunque impossibile far leva su diversi pedali... perché
qui non ce ne sono. Propriamente, il pedale è una leva
azionata dal piede, che tira giù lo spago attaccato sotto
un liccio. Invece, nell'afro-telaio, lo spago che pende sotto
un liccio finisce in un dischetto, ritagliato da una noce di
cocco. Tutto qui ciondola liberamente, finché il tessitore
non infila i suoi piedi nel paio di licci prescelto: li calza
come sandali infradito. Al posto delle suole ha i dischetti di
cocco, chiamati afoke da
afo,"piede", e ke,
"aprire".
- 3.4
Nel nome di queste solette afoke , compare
lo stesso elemento ke, "aprire", che si ritrova
in kete, nome proprio dei tessuti Ewe (mentre il nome
generico di stoffa sarebbe avo). Letteralmente,
kete significa "aprire-battere", perché
un tessuto si fa con i piedi che aprono (orditi) e le mani che
battono (trame). L'antichità del termine kete in
lingua Ewe è dubbia: c'è chi lo vuole ricalcato
da kente, che è il nome ormai mondiale del tessuto
tipico Ashanti (il quale però, nella stessa lingua Ashanti
si chiama nwontoma, mentre kente vuol dire "canestro
intrecciato"). "Ci sono tante vie per dare un nome
ai tessuti"(D. Massiasta)... ma anche se kete
fosse un neologismo dovuto a rivalità culturali, chi lo
avrebbe coniato non badò dall'aspetto visuale del tessuto.
Fu invece impressionato dai gesti indispensabili alla sua composizione,
dalle azioni che poterono animarlo. In sostanza: dall'aspetto
più umano del tessuto .
3.5
Tornando sui passi dei licci nell'afro-telaio, non sono altri
che gli spontanei passi dei piedi del tessitore. Questo,
calzati i dischetti afoke, muove un piede
via l'altro mentre, di sopra, impegna le mani a passarsi la spola.
Ma ogni suo membro è implicato a danzare insieme col telaio:
concepiscono insieme quel tessuto, che si avviluppa sul centro
del corpo del tessitore. Intanto dalle mani, oltre al filo, esce
pure una musica di nacchere: è la cannella di legno che
sbatte tra le pareti della navetta "tako-tako, tako-tako,
tako-tako..." Così esegue un pezzo di tessitura piana,
chiamato vutsiatsia, "navetta
sola, assolo di navetta".
- 3.6
Segue una pausa, per cambiare strumento (noga V/S novi):
il tessitore si sfila questo paio di licci, sia dai piedi che
dalla carrucola, poi raccorda l'altro paio alla carrucola e lo
calza ai suoi piedi. Oppure, a licci immutati, ricorre alla spatola per lanciare trame di opera (kogavi)(nella foto). Queste
rallentano il ritmo dei passi, ma la spatola (abbattuta nell'ordito
dal moto del pettine) inserisce nel ritmo un'altra nota: "Tako-tako-tan...
Tako-tako-tan... Tako-tako-tan..." Tra gli Ewe, l'abilità
di un tessitore, la si valuta pure ad orecchio.
Luciano Ghersi
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