E' il nome che si vende.
Senza la firma il quadro non vale nulla.
Bisogna comprare l'uno e l'altra.
Man Ray

E perché non soltanto l'altra?
Ingigantire come Gulliver la piccola parola magica
che marchia le grandi opere
e imbrigliarla con l'improvvisazione obbligata
di mille fili lillipuziani.
Un omaggio estremo ed equivoco,
letteralmente sottomesso al secolare dominio
del
segno tracciato dall'artista sulla carta
sul
gesto dell'artigiano al telaio.
E' la solita Storia dell'arazzo
ma mentre l'artista depone i suoi segni sopra una tela
l'artigiano costruisce la tela stessa
filo dopo filo, segno dopo segno
come una scrittura:
la pittura riempie uno spazio
mentre la tessitura lo costruisce nel tempo

essa, più che l'architettura, è la vera musica pietrificata.
Firma come forma
forma come vuoto
contenitore per fili e per segni.

Testo dal catalogo delle Firme che comprendeva, in ordine alfabetico: Goya; Duchamp (un amico di Gavina), Klee, Klimt, Man Ray (un altro amico di Gavina), Scarpa (Carlo, non pittore ma architetto però altro amico di Gavina), Rembrandt, Van Gogh. Altri pittori vennero esclusi peché firmavano troppo male, tra i quali Fontana, pur se amico di Gavina.

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