prima nota e progetto sul Fondo Rabata
Luciano
Ghersi, dicembre 1999
A Cogollo del Cengio (VI),
in contrada Follon, si trova un grosso giacimento culturale.
Si tratta dello studio di un pittore locale ormai scomparso,
dove sono ancora custodite una quarantina di tele dipinte a olio,
schizzi a matita su carta e vari strumenti di bottega pittorica.
Il nome dell'artista è Pietro Giuseppe dal Zotto, localmente
noto come Bepi Rabata, nato a Cogollo del Cengio nel 1898 e qui
deceduto nel 1973. Poiché nei suoi lavori dell'ultimo
periodo egli usava firmarsi con l'acrostico BR, appare del tutto
legittimo indicarlo come "il Rabata". Oltre al predetto
giacimento, la sua produzione pittorica è pure diffusa
in collezioni private locali, nazionali ed estere.
In attesa di un vero e proprio studio che raccolga i documenti
e le testimonianze dei diretti discendenti, i seguenti cenni
biografici saranno indubbiamente imprecisi. Il Rabata dipinse,
soprattutto tele ad olio, durante tutto l'arco della sua vita
ma non fu mai pittore di professione. Dopo gli studi tecnico-pofessionali,
si era dedicato all'edilizia, dapprima come muratore e in seguito
con una propria piccola impresa, dove spesso era insieme progettista
e capo cantiere. Costruì e ristrutturò soprattutto
abitazioni nell'area vicentina. Oltre a un periodo di lavoro
in Svizzera, fu attivo per molti anni in Francia nel dipartimento
parigino. Praticò marginalmente le arti agricole e casearie
come fu pure costruttore di mobili, chitarrista, appassionato
lettore di Virgilio, di Dante e di opere storiche. Partecipò
alla Grande guerra, fu Consigliere comunale, Giudice conciliatore,
padre di famiglia, giocatore di bocce e boccette.
Dunque, esprimendosi per stereotipi, si potrebbe definire il
Rabata una figura emblematica di paleo-imprenditore del
Nordest, attivo cioè dal periodo finale dell'epoca agricola
fino alle soglie del Secondo Mira-colo. E' un individuo senza
grandi studi né grandi capitali, eppure intraprendente
e culturalmente poliedrico. Il soggetto, di per sé, è
gia storicamente interessante ma lo diventa assai di più
se la nostra attenzione si concentra sulla sua pittura.
Come pittore, si ritiene il Rabata essenzialmente autodidatta
anche se frequentò per due anni scuola domenicale di disegno
e, certamente, nei suoi anni parigini, ebbe modo di frequentare
il Louvre e altre grandi collezioni. La sua pittura è
totalmente figurativa eppure, prefiggendosi egli di riprodurre
fedelmente la realtà, la sottopone di fatto a un radicale
straniamento cromatico, talché si fece pure l'ipotesi
di un suo lieve daltonismo (così come per il Greco si
fece l'ipotesi dell'astigmatismo). Esprimendosi per stereotipi,
si potrebbe definire il Rabata un naïf iperrealista
ma, per il momento, possiamo lasciare quest'ardua sentenza
ai critici d'arte, insieme con quella ancora più ardua,
cioè se sia il caso o meno di ammettere il Rabata nella
lista canonica dei Grandi Pittori Italiani del Novecento.
Le questioni accademiche sono sempre le ultime a porsi, anche
se appaiono fondamentali. Di conseguenza, la valorizzazione del
Rabata richiede piuttosto un approccio pragmatico. Il più
immediato interesse che si può suscitare sul complesso
della sua opera è un interesse sì artistico, ma
trasversale, perché questa pittura si riferisce alle vicissitudini
del paesaggio-paesano (townscape) in questo tormentato
secolo che muore. Infatti molte tele del Rabata hanno
per soggetto vedute di Cogollo del Cengio
e perciò rappresentano la crescita organica delle sue
dimore. Le case prima crebbero nelle forme tradizionali, dovute
all'addizione di nuovi corpi (in pietra).Crebbero poi con il
superfetare forsennato di vanetti pensili e balconi (in forati
o in blocchi). Come edile, l'impresario P.G. Dal Zotto è
un artefice entusiasta di consimili trasformazioni, che magari
poi riprende come artista (il Bepi Rabata pittore) a soggetto
dei suoi dipinti. Lungi da lui perciò, qualsiasi nostalgia,
qualsiasi intenzione pittoresca di scorci paesani tradizionali.
I suoi quadri sono elaboratissime e minuziose istantanee che
non escludono nulla: alla finestra ci sono i personaggi dell'epoca,
sotto casa le loro automobili. Come minimo, dunque, dei documenti
storici, per quanto spietati e commossi.
Di alcune opere tarde, si conservano le preliminari fotografie
in bianco e nero, scattate al soggetto dallo stesso Rabata. Queste
istantanee sono l'embrione compositivo della sua creazione pittorica,
l'antecedente di quella estenuata gestazione che egli sempre
impose alla sua pittura ad olio, fatta di complesse miscele di
pigmenti, pennellate minuziose, velature di strati molteplici.
Finché viene alla luce una creatura che è reale
ed insieme virtuale: è virtuale come immagine (cioè
come copia del soggetto originario) ma è reale come opera
(cioè come artefatto dell'uomo che dipinge). Ma oltre
a ciò che la fa nascere, oltre a questi due genitori appena
nominati come il soggetto e l'artista, ogni dipinto ha una sua
personalità autonoma, che interagisce al di là
delle intenzioni dell'autore e dei significati del soggetto.
Questo è il bello dell'arte o, più precisamente,
il suo miracolo. Infatti, quando incontriamo un qualsiasi dipinto
(che sia di Raffaello o del Rabata, in fondo non ha poi molta
importanza) può sempre capitarci quel miracolo che, da
ciechi che eravamo, finalmente possiamo vedere, con occhi
diversi, quelle stesse quattro case di paese, non solo dentro
al quadro ma anche fuori da quel quadro. Infatti al di là
di eventuali appartenenze paesane, ci si vede una storia per
lo meno europea. Ma c'è ancora di più: le case
costruite e poi dipinte dal Rabata pittore-muratore ci fanno
guardare anche dentro di noi, laggiù dove si fonda l'archetipo
di "casa". L'archetipo che osiamo disegnare soltanto
da piccini, col tetto rosso a punta e il comignolo che fuma.
IL FONDO
Il Fondo Rabata, allocato in via Progresso 13 di Cogollo del
Cengio (VI), è costituito dai dipinti, disegni, fotografie,
documenti, strumenti e ogni altro materiale relativo all'attività
pittorica di P. G. Dal Zotto.
Detto materiale è attualmente proprietà indivisa
degli eredi. Il primo atto di gestione del Fondo è una
sommaria schedatura di tutti pezzi.
LA MOSTRA
La prima iniziativa di valorizzazione del Fondo è una
mostra monografica da realizzarsi nel 2003, trentennale dalla
morte dell'Artista.
Titolo provvisorio:
Le case come sono
Dipinti del Rabata da Cogollo
La mostra si concentra sulla "pittura di case", aspetto
cospicuo della produzione del Rabata. Si tratta di dipinti a
soggetto cogollano, extra-cogollano, francese e nord-americano.
Oltre ai dipinti ad olio disponibili nel Fondo, vanno rintracciati
tutti quelli disponibili da collezioni private. Questa è
pure la prima opportunità di stabilire un corpus
pittorico del Rabata.
Si affianca a ciascun quadro
1) ove possibile, l'elaborato preliminare o la foto scattata
dal Rabata
2) sempre, una foto scattata quest'oggi alla stessa veduta.
Il percorso della mostra può iniziarsi con il trittico
dell'autoritratto con genitori e concludersi con una selezione
di dipinti che documenti gli altri temi pittorici affrontati
dal Rabata (ritratto, natura morta, omaggio ai classici).
Si inseriscono cimeli di bottega (cavalletto, tavolozza, ecc.)
e ogni altro utile riferimento all'autore, alla sua epoca e al
suo ambiente.
CATALOGO,
SITO ESPOSITIVO,
PATROCINIO,
SPONSOR
(a definire)
Luciano
Ghersi, dicembre
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